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Gianni Caruso, Istituto per le Materie e le Forme Inconsapevoli, Museattivo Claudio Costa, Settima Edizione della Giornata del Contemporaneo AMACI

Gianni Caruso: Volere Volare, al Museattivo Claudio Costa di Genova, 8 ottobre – 26 novembre

Il Museattivo Claudio Costa (clicca: MAPPA)  a Genova apre le porte al pubblico con una mostra personale dedicata a Gianni Caruso, artista concettuale a tutto tondo, che ritorna ad esporre a Quarto accettando il caloroso invito del direttivo dell’Istituto per le Materie e le Forme Inconsapevoli. Volere Volare è il titolo della mostra, mutuato dall’omonima installazione che l’artista ha creato appositamente per quest’occasione. L’installazione “ Volere volare” sintetizza il personalissimo percorso dell’artista che nell’ambito del concettualismo italiano trova, agli inizi degli anni ’60, Torino fucina di idee e protagonismi.

In quell’ambito si sviluppa anche la fantastica stagione del poverismo che, auspice il critico genovese Germano Celant, si afferma nel mondo ed al quale anche Gianni Caruso si accosta in modo assolutamente eccentrico e personale.
L’impegno civile e la capacità di essere, al tempo, artista e promotore d’arte tracciano la figura che Caruso si costruisce in un momento storico difficile, i difficili anni ‘70 ,ma tale da rendere il suo atelier torinese una fucina ed un centro tra i più attivi a Torino ed in Italia.
La sua prima esperienza espositiva a Genova gliela offre l’amico Claudio Costa nell’allora spazio Paradigma dell’ex Ospedale Psichiatrico di Quarto.
Di questa esperienza Caruso conserva un ricordo che si arricchisce alcuni anni dopo di un’altra affascinante esperienza con Claudio Gilardi ed altri, in una mostra tenuta nell’ex Osp. Psich.Villa Azzurra di Grugliasco. Il suo “Volere Volare” di oggi sottolinea la straordinarietà propria della mente umana di concepire meta-parole e meta-sogni con il gioco del trucco scenico e l’incanto di una visione fanciullesca.

Volere Volare (installazione)

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L’installazione sarà visibile al pubblico fino al 26 novembre p.v.
Catalogo in mostra con testi di Gianni Caruso ed Elisabetta Rota
Inaugurazione sabato 8 ottobre, ore 17.30
Museattivo Claudio Costa (vedi pagina wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Museattivo_Claudio_Costa)
Sala mostre del Centro Socio-Riabilitativo Franco Basaglia
(A.S.L. 3 Genovese, via Giovanni Maggio, 6 Ge-Quarto)
aperto tutti i giorni dalle 8.00 alle 20.00

traduzione inglese di Gabriella Sonnewald
Nell’occasione sarà possibile visitare la collezione permanente del Museo, recentemente ampliato nei propri spazi.

Per info:
IMFI-Museattivo Claudio Costa, via Giovanni Maggio, 6 – 16147 Genova. Tel.: 010 3446/584/303 – e mail: imfi@hotmail.itm.levo.rosenberg@fastwebnet.it Segreteria organizzativa: Dorina Monaco 3479442202
Amaci: tel.: +39 035 270272 – giornatacontemporaneo@amaci.org
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Gianni Caruso, sulle ali dell’arte….  – testo di Elisabetta Rota

ZIGGURAT

Gianni Caruso, concorre ad evidenziare intorno alla metà degli anni ‘60 la natura del concettuale , ma il suo è un concettuale personalissimo, non freddo, ma lirico ed evocativo, profondamente mediterraneo non solo per le ragioni anagrafiche, che lo vedono figlio della Sicilia più nobile e colta e, insieme, profondamente legato alla grande madre Africa, ma proprio per le caratteristiche intrinseche delle sue opere, fortemente emozionali e emozionanti, sempre specchio e sublimazione del vissuto.
Per questa mostra, intensamente simbolica per il luogo che la accoglie, un ex ospedale psichiatrico teatro di sperimentazioni culturali e terapeutiche negli anni Settanta e fucina artistica del grande Claudio Costa, ha scelto tre serie di opere, le “Trappole”, le “Teglie” e le “Piume”, molto diverse tra loro eppure sottilmente affini, quasi un modo per riannodare i fili del proprio lavoro e del proprio passato in una sorta di autoanalisi “Creativa”, come il titolo della rivista diretta da Costa a cui Caruso aveva collaborato, un ritorno e un progresso, come sempre è il percorso della vita: un’orbita che non torna mai nello stesso punto ma, a volte impercettibilmente, scorre sempre avanti.
La lettura al contrario della parola schiude altri scenari e la tagliola si apre alla libertà: uno scarto semantico tipico della concettualità di Caruso in cui riemerge prepotentemente il filo conduttore del suo percorso creativo e un gioco di parole che fa rabbrividire se rapportato alla realtà dei ricoverati psichiatrici e ai percorsi di liberazione di cui proprio l’ospedale di Quarto fu uno dei capisaldi in Italia, assieme a Trieste.
Diverso il discorso sulle “Teglie”, installazioni a prima vista rigorosissime e povere, eppure, come in tutti i lavori di Gianni Caruso il ribaltamento è sempre in agguato, anzi direi che è il vero leit motiv che unifica il tutto, nulla è ciò che sembra e sotto l’apparente rigore formale emergono prepotentemente i ricordi struggenti e i sogni di un bambino, sono opere che ci parlano di racconti intorno ai focolari di vecchie cucine, di figure umili ma ricchissime della saggezza dei semplici, del potere evocativo delle piccole cose che davanti agli occhi incantati di un fanciullo diventavano interi mondi esotici e meravigliosi, da umili attrezzi di cultura materiale prendono così vita castelli, ziggurat e giardini da sogno che nobilitano ed esaltano la bellezza intrinseca di oggetti realizzati da una manualità e da un sapere antico, antesignani inconsapevoli di un design che sconfina nell’arte. Caruso scrive “da quelle teglie sono volati via grandi uccelli: ombre multicolori e sognanti, ombre pallide e immalinconite dalla fatica ma pur sempre di alta dignità e pensiero” e introduce così l’ultima serie di lavori, le “Piume”, eteree e soffici metafore poli segniche del volo, reale e mentale, e, quindi della sapienza (la Sophia gnostica ha grandi ali…) rappresentano la vera sintesi liberatoria della mostra, il superamento hegeliano che riordina, riannoda e sublima le tensioni psichiche e i ricordi struggenti degli altri lavori, un completamento e un’apertura al futuro insieme che si esprimono compiutamente nella installazione che vede un’ala luminosa pronta a spiccare il volo e trafitta da un raggio di luce, l’oro rosso del raggio dialoga e si fonde con la luce di wood, comunemente detta luce nera, (*) che illumina l’ala: la simbologia gnostica è così palese da non sembrare casuale, ma se lo fosse non farebbe che confermare la grande forza dell’inconscio collettivo, Psyche è pronta a volare. Un volo verso nuove tappe creative, trattandosi di un artista è inevitabile, ma anche un volo verso nuovi orizzonti psichici e, forse inconsciamente, anche un omaggio alle tante, troppe anime a cui sono state tarpate le ali, tante ne hanno viste passare i padiglioni di Quarto, anime spezzate da terapie obsolete o da semplici pregiudizi, e tanto è stato fatto in questi spazi per aiutarle a riprendere il volo, questa mostra è anche per loro.
“Qualcuno volò sul nido del cuculo”

Elisabetta Rota

(*) In senso strettamente tecnico la definizione non è corretta, ma, dal punto di vista simbolico, l’accezione corrente e assolutamente azzeccata.

Gianni Caruso, on the wings of art….
In the mid ‘60s, Gianni Caruso contributed to highlighting the nature of conceptual art. However, his conceptualism is highly personal, never cold, but lyric and evocative, and deeply Mediterranean: not only because he was born in the much noble and cultivated Sicily and has deeply rooted connections with the great mother Africa, but especially because of the intrinsic nature of his strongly emotional and moving works that constantly mirror and sublimate real life experiences.
For this intensely symbolic exhibition hosted by a former mental hospital where, back in the ‘70s, cultural and therapeutic activities were experimented and where the great Claudio Costa has forged his art, the artist has selected three of his works: “Trappole” (Traps), “Teglie” (Baking Tins) and “Piume” (Feathers). While very different, they are subtly similar works. They somehow knot together the threads of his work and past in some form of “Creative” self-analysis, which – by the way – is also the title of the journal edited by Caruso and to which Claudio Costa collaborated. It is both a going back and a moving forward, just like the course of life: an orbit that never comes back to the same point, but which, imperceptibly sometimes, constantly proceeds.
Words that are read backwards, opening up new scenarios, while the trap is released toward freedom: a semantic trick, so typical of Caruso’s conceptual art, and a compelling leitmotiv of his creative path, a blood-curdling pun, if referred to mental hospital patients and their path to freedom, so strongly promoted in Italy by the Hospital of Quarto together with the one in Trieste.
The work “Teglie” deserves a different comment. Despite the initial impression of high rigor and simplicity, like all Gianni Caruso’s works, the opposite always looms, which, I dare say, is the real leitmotiv unifying the whole. Nothing as it seems, and under the apparently formal rigor, tender memories and a child’s dreams forcefully emerge. They remind us of stories told around the stove of old kitchens by ordinary people with a worldly wisdom; of the evocative power of little things that in a boy’s eyes populate exotic and wonderful worlds; simple tools of material culture morph into castles, ziggurats, and dream gardens, thus ennobling and enhancing the intrinsic beauty of items made by craftsmen with their ancient skills, unaware precursors of design stepping into art. Caruso writes: “Large birds have flown away from those baking tins: multicolored and dreamy shadows, pale shadows made melancholy by fatigue, but still with strong dignity and deep thoughts”.
This is how he introduces his last series of works – “Piume” – ethereal and soft metaphors, with multiple signs, of both real and mental flight, hence of wisdom (gnostic Sophia has large wings…). They represent the actual liberating synthesis of this exhibition, Hegel’s overcoming, through which psychological tensions and tender memories of the other works are rearranged, tied up, and sublimated again. Completion and – at the same time – opening up to the future are fully expressed in this installation, which features a shining wing ready to take off and pierced by a beam of light. The red gold of the beam interacts and melts with a Wood’s light, commonly called black light, (*) illuminating the wing: its gnostic symbolism is so clear that it can’t be only by chance. And, if so, it would only confirm the great power of our collective unconscious: Psyche ready to fly. Flying to new creative domains seems quite obvious for an artist, but it also symbolizes a fly to new mental horizons, and, perhaps, unconsciously, it also pays homage
to the many, too many souls whose wings have been clipped. The wards of the Mental Hospital in Quarto have seen so many of these souls broken by obsolete treatments or by simple prejudices. But a lot has also been done in this very place to help them fly again. This exhibition is also for them.
“One Flew Over the Cuckoo’s Nest”

Elisabetta Rota

(*) Strictly speaking, this definition is not technically correct, but, from a symbolic point of view, the current meaning is perfectly right.

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WHY ?   – testo di Gianni Caruso (sito: http://www.giannicaruso.com/index.php?op=homepage)

Gianni Caruso

Non ricordo se ci fossimo incontrati a Genova o nel mio studio di Torino, al “Mulino Feyles”, ma ricordo chiaramente la frase che mi rivolse allora con lucidità Claudio Costa:
Perché non vieni a fare una mostra a Quarto?
Fu così che cominciai ad analizzare tutti quei lavori che andavo via via realizzando, dagli inizi degli anni ’80, con una una foga pittorica che contraddiceva in qualche modo il rigore concet¬tuale dei miei lavori precedenti. Non che mancassero del tutto di quella precipuità (cominciavo le mie grandi tele con la tecnica del frottage riproducendo tutto ciò che trovavo sul mio grande tavolo da lavoro), ma alla fine il prodotto si materializzava, tra aggiunte di inchiostri gessi e tempere come vera e propria pittura. Inutile dire che colsi l’invito come una manna terapeutica e mi cimentai su “Creativa” (1) la rivista prodotta in quegli anni da Claudio e da Caterina Gualco, con un piccolo articolo, sotto forma di lettera, che evidenziava come, a partire dal titolo di tutti quei miei lavori, “TRAPPOLE” letto al contrario, potesse essere arbitrariamente inteso in inglese con un (to) elop part ovvero: nascondersi parzialmente o scappare con un’amante: l’innamorata di sempre, ovvero, la pittura.
Allo stesso modo, quando Margherita Levo Rosenberg, a sorpresa, mi ha rivolto recentemen¬te la stessa frase, ho risentito le ansie e le passioni, le prospettive e le formulazioni che in un periodo (quello odierno un po’ particolare della mia vita) ho ri-trovato forse con un po’ più di distacco ma sempre con la curiosità del Volo , principio della nostra vita di sognatori impalpabili ed effimeri, messo già a fuoco nella mia poesia “I want to dance” (2) tradottami in inglese dall’amico Eddie Allen, per una mostra ad Alessandria nella “Galleria Amnesia”, che pre-indicava alle “Trappole” la via di fuga.
Ci sono tratti della vita che ti legano ad eventi che, anche se non conseguenziali ad un progetto(ma tutti i progetti sono conseguenziali alla tua vita) puoi, come si dice, mettere insieme e quindi voglio ricordare qui, come in una mostra da me progettata e seguita dall’ausilio critico di Elisabetta Rota “Intimo Collettivo” (3), ho voluto fortemente che fosse presente il ritratto fotografico di Fabio Basaglia, eseguito da Gianni Berengo Gardin, non per un omaggio puro e semplice, ma per identificare e ribadire uno dei valori fondanti la nostra cultura a partire dagli anni ’60.
Delle Trappole scriveva nel 1988 Enrico Crispolti, uno dei padri storici della critica contemporanea (e mi ….apriva gli occhi): ….Gianni Caruso, sviluppa, in una pittura che ricorre a soluzioni anche materiche, un immaginario notturno a volte quasi lunare, entro il quale, nella configurazione di forme essenziali, di arcani profili dentati, si dispiega un universo di presenze a loro modo allarmanti e chiaramente di valenza quasi psicologica. C’è quasi nei suoi dipinti il ricorrere d’una sensazione si direbbe come d’agguato imminente, di pericolo che incomba, ma del quale non sia neppure tanto chiara l’origine. Un disagio psicologico insinuante…..(4)
Per le strade di Palermo, in seguito, tra un farfugliare di parole modificate e di storie che mi raccontavano pazientemente, ho ricordato me bambino ed ho ri- ascoltato favole e lavoro ricuciti dall’esperienza dell’artigiano. Storie di vita vera mi hanno annodato ad una via, Via Calderai

Voglio ballare stasera
su un pavimento lucido
come i risvolti della mia giacca
La mia storia è rapida come un flash
Il mio trucco si è sciolto
sotto un riflettore rosso
La mia vita è rapida come un flash
Un artista mi ha portato ieri a Santa Monica
e mi ha fatto un grazioso ritratto
Ho conosciuto la sua ragazza
Che mi ha dato un buffo
soprannome : MITO
Lo userò verde su rosa
nel mio prossimo strip tease
quando avrò scarpe così lucide
invisibili sul lucido pavimento
Il mio sogno è rapido come un flash

Gianni Caruso
Catalogo mostra , “Il Viaggio di Icaro” Galleria Amnesia Alessandria 1983
(3) Elisabetta Rota “Intimo Collettivo” Ed. L’uovo di struzzo Torino 2009
(4) Maria Luise Syring, Enrico Crispolti, “Il Raggio duro del Sole , Torino 1988
(5) Basso: voce gergale per indicare una abitazione povera che si apre direttamente sulla strada
spesso costituita da un solo vano che, il grande drammaturgo Eduardo De Filippo nobilita ed
usa come teatro o set delle sue commedie.

English Version

WHY ?
I don’t remember where we met, whether it was in Genoa, or at “Mulino Feyles”, my studio in Turin, but I do clearly remember what Claudio Costa told me with lucidity:
Why don’t you hold an exhibition in Quarto?
This is how I began to analyze all the works I had been producing since the early ’80s that carried a pictorial ardor which somehow clashed against the conceptual rigor of my earlier works. Their original peculiarities were still there (I would start working on large sized canvasses with the frottage technique and reproduce anything I could find on my large work table); but, following additions of ink, plaster, and tempera colors, the product would end up looking like a proper painting. Needless to say that I accepted the invitation as a therapeutic blessing, and I even tried my hand at writing a short article for “Creativa” (1), a magazine published in those years by Claudio and Caterina Gualco. Written as a letter, it explained that the title of all those works of mine – “TRAPPOLE” – if read backwards, would be “elop part”, namely: to elope, run away with one’s lover: my lover for ever – that is – painting.
Similarly, when Margherita Levo Rosenberg, unexpectedly, has recently asked me the same thing, I felt again the same anxiety, passions, prospects, and formulations that I am re-encountering today – which is a somehow special period of my life – perhaps with a bit more detachment, but still with the same curiosity of Flying, a tenet in our life as impalpable and ephemeral dreamers, as already highlighted in my poem “I want to dance” (2) translated for me in English by my friend Eddie Allen, for an exhibition in Alessandria at “Galleria Amnesia”, and already paving the way to the elopement of the “Trappole”.
There are times in our life linking us to events, which, although not consequential to a project (but all projects are consequential to our life), can be put together. Hence, I would like to remember here that, for “Intimo Collettivo” (3) – an exhibition I designed with the critical support of Elisabetta Rota – I strongly wanted to put on display a photo by Gianni Berengo Gardin portraying Fabio Basaglia, not simply as an homage to the latter, but to identify and stress again one of the founding values of our culture since the ’60s.
In 1988, Enrico Crispolti, one of the historic fathers of contemporary criticism, wrote about Trappole (and actually … he opened my eyes!): …. in his also mixed-media painting solutions, Gianni Caruso develops a nocturnal, at times even lunar, imagery, inside which, through the configu¬ration of essential shapes and arcane dentate profiles, a whole universe of disquieting entities, with clear psychological connotations, opens up. In his paintings, one can sense a recurrent feeling of impending ambush, of looming danger, whose origin however is not so clear. An insinuating psychological discomfort…..(4)
Later on, in the streets of Palermo, amid a gabble of patiently told, modified words and stories, I remembered when I was a child and listened again to fairy tales and the craft sewn together by skilled artisans. Real life stories tied me to a street – Via Calderai – where piles of stacked pans and baking tins would make me daydream about castles and ladies, pyramids and domes, Chanson de Roland and the biscuits baked by the nuns; the mind of the tinker, with the heat of his work and out of these utensils, was giving dignity to such narration.
I saw Angelina again (if there is a God, may He keep her with him for cleaning and taking care of Paradi¬se) and I visited her basso (5) where sometimes she used to take me; I saw myself when I was a child, crouching down, and listening to the stories of the elderly sitting around the cooking-range – still produced by tinkers-, and making up the stage of a poor but extraordinary theater.
Large birds have flown away from those baking tins: multicolored and dreamy shadows, pale shadows made melancholy by fatigue, but still with strong dignity and deep thoughts.
With this full immersion in our everyday life, elevated to symbolize life, with relived deprivation, recovered contents of myth and poetry as a meta-reading of history – even of contemporary history -, I took the feather, as a distinctive sign of aspiration to higher domains, to the great culture of the Fathers of the West, to the lightness of syllogistic philosophical speculations, and to oriental scientific wisdom. In this way, I have become more mature, and also my way/world have become infinitely, N times more mature, with endless possibilities to construct thoughts and physics, projects and chance.

Gianni Caruso

(1) “Creativa” Genoa 1985

(2) I want to dance
on a floor as shiny
as my jacket’s lapels
My story is as swift as a flash
My make-up has melted
Under the red spotlight
My life is as swift as a flash
An artist brought me to Santa Monica yesterday
And made a beautiful drawing of me
I met his girlfriend
Who gave me a funny nickname: Myth
I’ll use it green on pink
In my next striptease
When I have shoes so shiny
Invisible on the shiny floor
My dream is as swift as a flash

Gianni Caruso

Catalogue of the exhibition “Il Viaggio di Icaro” Galleria Amnesia Alessandria 1983
(3) Elisabetta Rota “Intimo Collettivo” Publisher L’uovo di struzzo, Turin 2009
(4) Maria Luise Syring, Enrico Crispolti, “Il Raggio duro del Sole”, Turin 1988
(5) Basso: slang for basement flat, it refers to a simple and poor dwelling opening directly on the street and generally featuring one single room. Eduardo De Filippo, the great Neapolitan playwright, has ennobled it by staging many of his plays in a basso.

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